Volontaria, non autoreferenziale, poliedrica ma soprattutto condivisa. È questo il modello di Responsabilità Sociale d’Impresa che emerge in questi giorni a Cerea (Vr), nel secondo workshop della Filca Cisl su Rsi ed etica. Davanti ad oltre 250 tra delegati, operatori e dirigenti sindacali si sono confrontati imprenditori, docenti universitari, studiosi della materia e sindacalisti. I segretari confederali della Cisl Maurizio Petriccioli e Luigi Sbarra, i segretari nazionali della Filca Paolo Acciai, Riccardo Gentile ed Enzo Pelle ed il segretario generale Domenico Pesenti hanno ribadito la grande attenzione di Cisl e Filca per questi temi e tracciato le linee per un’applicazione sempre più estesa della Rsi nei settori seguiti dalla categoria, e quindi edilizia, cemento, legno e lapidei.
httpv://www.youtube.com/watch?v=w7bVH2uWXVk
“La crisi che viviamo – ha detto Petriccioli – presuppone la necessità di guardare a nuovi modelli di crescita. È ora che la politica si assuma una nuova responsabilità e una nuova idea di sviluppo socialmente responsabile che contempli il lavoro e la sostenibilità. Rsi significa attivare risorse locali, valorizzare le competenze delle persone, rendere protagoniste le parti sociali e le istituzioni locali. Per la Cisl – ha proseguito – la Rsi si colloca nel solco della democrazia economica e della partecipazione dei lavoratori”. Il segretario confederale ha poi smontato la teoria per la quale la Rsi non sarebbe ‘conveniente’ per le piccole e medie imprese. “Autorevoli teorie economiche – ha spiegato – dicono che è possibile competere solo in filiere che guardano alla qualità ed alla sensibilità sociale. Per le Pmi investire in questo senso produce un valore decisamente più alto dei costi”. Infine un passaggio su concertazione e volontarietà: “è indispensabile sviluppare un rapporto tra imprenditore e lavoratore che parta da una concezione dialogante e partecipativa. Non solo: è impensabile promuovere la Rsi con leggi obbligatorie, ma solo con la contrattazione e con la volontarietà. Un’idea potrebbe essere quella della premialità fiscale per le imprese più attente”.
Per Sbarra “i rinnovi dei contratti nazionali hanno introdotto una vera ventata di innovazione perfezionando, estendendo o introducendo ex novo capitoli sulla bilateralità, sul welfare contrattuale, sul sostegno alla contrattazione di secondo livello e sulla Rsi. La contrattazione – ha commentato – va assumendo una dimensione multiforme: non più solo azienda, ma azienda e territorio; non più solo contenuti economico-normativi, ma sempre più elementi di natura sociale. La scarsa diffusione della Rsi tra le imprese italiane dimostra che la materia è praticamente sconosciuta, e le imprese ne fanno un indirizzo a livello di management senza tradurlo in un processo di condivisione e di coinvolgimento degli operatori aziendali. Per questo – ha sottolineato – dobbiamo rafforzare il modello partecipativo superando ‘la logica dello scambio’ per produrre un nuovo clima che ci offrirà una grande potenzialità di cambiamento”.
Pesenti si è soffermato sui risultati prodotti dal’attuazione di politiche di Rsi nei rinnovi contrattuali dei settori della Filca: “ci sono sviluppi interessanti nel legno e nel cemento, per la presenza di grandi gruppi. In edilizia – ha detto il leader della Filca – sono stati fatti passi avanti nella costruzione di politiche di Rsi, con strumenti che selezionano le imprese che rispettano i contratti, le leggi e la sicurezza dei lavoratori. E quindi il rafforzamento del Durc, la tracciabilità dei flussi finanziari, la Patente a punti. Strategico il ruolo degli Enti bilaterali, che messi in rete su tutta Italia con le stazioni appaltanti possono costituire un sistema di monitoraggio, verifica e controllo preventivo sulle imprese. Il vantaggio è triplice: si favorisce la leale concorrenza nel settore, si tutelano i lavoratori e si garantisce il cittadino nell’utilizzo del prodotto finale”.
Infine Acciai, per il quale “la Rsi è una vera e propria trasformazione culturale, che comporta il passaggio da una contrattazione come ‘occasione di recupero salariale’ ad una sua evoluzione che si ponga di fronte al ‘modello di gestione aziendale’. Questo – ha specificato – sarà possibile solo se la Rsi, oltre che un modello di convivenza, diventa una strategia competitiva in tutte le sue caratteristiche”.
Volontaria, non autoreferenziale, poliedrica ma soprattutto condivisa. È questo il modello di Responsabilità Sociale d’Impresa che emerge in questi giorni a Cerea (Vr), nel secondo workshop della Filca Cisl su Rsi ed etica. Davanti ad oltre 250 tra delegati, operatori e dirigenti sindacali si sono confrontati imprenditori, docenti universitari, studiosi della materia e sindacalisti. I segretari confederali della Cisl Maurizio Petriccioli e Luigi Sbarra, i segretari nazionali della Filca Paolo Acciai, Riccardo Gentile ed Enzo Pelle ed il segretario generale Domenico Pesenti hanno ribadito la grande attenzione di Cisl e Filca per questi temi e tracciato le linee per un’applicazione sempre più estesa della Rsi nei settori seguiti dalla categoria, e quindi edilizia, cemento, legno e lapidei.
“La crisi che viviamo – ha detto Petriccioli – presuppone la necessità di guardare a nuovi modelli di crescita. È ora che la politica si assuma una nuova responsabilità e una nuova idea di sviluppo socialmente responsabile che contempli il lavoro e la sostenibilità. Rsi significa attivare risorse locali, valorizzare le competenze delle persone, rendere protagoniste le parti sociali e le istituzioni locali. Per la Cisl – ha proseguito – la Rsi si colloca nel solco della democrazia economica e della partecipazione dei lavoratori”. Il segretario confederale ha poi smontato la teoria per la quale la Rsi non sarebbe ‘conveniente’ per le piccole e medie imprese. “Autorevoli teorie economiche – ha spiegato – dicono che è possibile competere solo in filiere che guardano alla qualità ed alla sensibilità sociale. Per le Pmi investire in questo senso produce un valore decisamente più alto dei costi”. Infine un passaggio su concertazione e volontarietà: “è indispensabile sviluppare un rapporto tra imprenditore e lavoratore che parta da una concezione dialogante e partecipativa. Non solo: è impensabile promuovere la Rsi con leggi obbligatorie, ma solo con la contrattazione e con la volontarietà. Un’idea potrebbe essere quella della premialità fiscale per le imprese più attente”.
Per Sbarra “i rinnovi dei contratti nazionali hanno introdotto una vera ventata di innovazione perfezionando, estendendo o introducendo ex novo capitoli sulla bilateralità, sul welfare contrattuale, sul sostegno alla contrattazione di secondo livello e sulla Rsi. La contrattazione – ha commentato – va assumendo una dimensione multiforme: non più solo azienda, ma azienda e territorio; non più solo contenuti economico-normativi, ma sempre più elementi di natura sociale. La scarsa diffusione della Rsi tra le imprese italiane dimostra che la materia è praticamente sconosciuta, e le imprese ne fanno un indirizzo a livello di management senza tradurlo in un processo di condivisione e di coinvolgimento degli operatori aziendali. Per questo – ha sottolineato – dobbiamo rafforzare il modello partecipativo superando ‘la logica dello scambio’ per produrre un nuovo clima che ci offrirà una grande potenzialità di cambiamento”.
Pesenti si è soffermato sui risultati prodotti dal’attuazione di politiche di Rsi nei rinnovi contrattuali dei settori della Filca: “ci sono sviluppi interessanti nel legno e nel cemento, per la presenza di grandi gruppi. In edilizia – ha detto il leader della Filca – sono stati fatti passi avanti nella costruzione di politiche di Rsi, con strumenti che selezionano le imprese che rispettano i contratti, le leggi e la sicurezza dei lavoratori. E quindi il rafforzamento del Durc, la tracciabilità dei flussi finanziari, la Patente a punti. Strategico il ruolo degli Enti bilaterali, che messi in rete su tutta Italia con le stazioni appaltanti possono costituire un sistema di monitoraggio, verifica e controllo preventivo sulle imprese. Il vantaggio è triplice: si favorisce la leale concorrenza nel settore, si tutelano i lavoratori e si garantisce il cittadino nell’utilizzo del prodotto finale”.
Infine Acciai, per il quale “la Rsi è una vera e propria trasformazione culturale, che comporta il passaggio da una contrattazione come ‘occasione di recupero salariale’ ad una sua evoluzione che si ponga di fronte al ‘modello di gestione aziendale’. Questo – ha specificato – sarà possibile solo se la Rsi, oltre che un modello di convivenza, diventa una strategia competitiva in tutte le sue caratteristiche”.