Sono circa 10mila Veneto i lavoratori impegnati nella pubblica amministrazione, dipendenti di aziende private, 1500 solo a Verona e sono impiegati nei settori più disparati: pulizie, ristorazione, cooperative sociali, smaltimento rifiuti speciali, servizio di pronto intervento 118, vigilanza, servizi verso diversamente abili, manutenzione, callcenter, farmacia, lavanderia, ecc.
Ora che la spesa pubblica vada rivista all’insegna di una migliore gestione delle risorse economiche, tendendo ad una riduzione dei costi a parità di servizio al cittadino sia in termini quantitativi che qualitativi, tutti d’accordo. La nostra contrarietà è riferita alla direzione presa. Far ricadere il contenimento dei costi in modo esclusivo e pesante sui tanti lavoratori che operano nella pubblica amministrazione alle dipendenze delle aziende in appalto. Gli effetti della revisione (-5% su beni e servizi), in particolare nel servizio socio sanitario, rischiano di tradursi immediatamente nel taglio delle ore, con il conseguente impatto negativo sul già mediamente esigui stipendi (500/1000 Euro) o, peggio, nel taglio dei posti di lavoro delle tante lavoratrici e lavoratori degli appalti pubblici, in molti casi la parte più debole del mercato del lavoro, anche per la mancanza di ammortizzatori sociali se non quelli in deroga. Risulta evidente che gli effetti non riguardano solo i lavoratori coinvolti, ma si riverberano anche sulla la qualità e la quantità del servizio offerto al cittadino in contraddizione con gli indirizzi generali della stessa spending review. Tutto ciò, tenuto conto che se interverranno anche gli effetti del comma “b” dello stesso articolo, cioè la rinegoziazione a ribasso dei contratti in essere, gli effetti sarebbero a maggior ragione da allarme sociale. Secondo noi il contenimento dei costi dovrebbe avvenire in primis attraverso un’attenta riduzione degli sprechi all’interno della stessa pubblica amministrazione. Tra l’altro risulta che la regione Veneto sia la prima regione che approccia al tema spending review in questi termini e con questa solerzia. Sarà anche giusto essere i primi della classe ma, sperando che il primato non nasconda altre ragioni, magari più politiche, è necessario evitare facili semplificazioni. Si rischia, infatti, di mettere in ginocchio migliaia di lavoratori con le loro famiglie, oltre che ad un ulteriore deperimento del servizio pubblico, inoltre c’è il rischio che le singole aziende si approfittino della situazione, che in termini generali tende a godere dell’inconsapevole gradimento di quasi tutta l’opinione pubblica, per riorganizzarsi/ristrutturarsi in modo unilaterale, senza una reale necessità.
di Andrea Sabaini, segretario Fisascat-Cisl Verona