Società partecipate: pronte le quote rosa


Le donne nelle stanze dei bottoni sono ancora troppo poche, ma adesso ci sono le quote riservate. É stato approvato il 31 gennaio ed entrerà in vigore il 12 febbraio, il regolamento per le quote rosa nelle società controllate pubbliche, intervento che stabilisce la parità di genere anche nei Consigli di Amministrazione e nel Collegi di Revisione delle società partecipate dallo Stato.

Secondo il nuovo decreto le prossime nomine nei CdA e nei Collegi di Revisione dovranno tener contro del nuovo rapporto tra donne e uomini, che dovrà almeno essere pari a 1 su 5 ma solo temporaneamente, infatti con la riassegnazione delle cariche si passerà a 1 su 3, si passerà quindi dall’obbligo del 20% di partecipazione femminile nei CdA fino al 33%.

Ad occuparsi del monitoraggio della corretta applicazione delle norme, verificando e segnalando eventuali irregolarità sarà il Ministero delle Pari Opportunità.

Le aziende partecipate dallo Stato dovranno comunicare la composizione degli organismi dirigenziali entro due settimane dall’insediamento, nel caso del mancato rispetto di quanto stabilito dalla legge, saranno emesse diffide nei confronti dei responsabili pari a 60 giorni, con l’obbligo di riequilibrare la struttura collegiale. Viene anche stabilito un tempo massimo per ottemperare a quanto deciso dal decreto, pena l’esautorazione del Consiglio delle proprie funzioni decisionali. Il decreto estende la nuova normativa sulle quote rosa anche alle liste elettorali, fatta eccezione per quelle liste nelle quali compaiano meno di tre candidati.

Attualmente la situazione è drammatica: solo una donna compare alla presidenza della Consip, tra le principali società partecipate dal Mef, che fanno capo allo Stato centrale, come Eni, Enel, Enav, Anas, Cdp, Finmeccanica, Fs e Poste.

Nessun amministratore delegato donna negli organismi partecipati da enti pubblici non economici, ministeri e Regioni a statuto speciale.

Nelle amministrazioni che detengono partecipazioni in consorzi o società, la presenza femminile è davvero contenuta, solo il 13% dei consiglieri.

Non vi sono donne tra i presidenti degli organismi partecipati dalle Agenzie fiscali, Monopoli di Stato, enti ex art.70, istituzioni ed enti di Ricerca, e dai ministeri.

Escludendo gli organismi partecipati dal Servizio sanitario nazionale, nei quali le donne raggiungono il 14%, nei rimanenti organismi partecipati la presenza femminile nella carica di presidente varia da un minimo del 4% a un massimo del 7%.

Nessun amministratore delegato donna figura ancora negli organismi partecipati da istituzioni ed enti di ricerca, dai ministeri, da Province e Università, mentre nei restanti organismi partecipati donne amministratore delegato sono tra l’8% e il 10%.

E non va meglio nella magistratura. Se i magistrati ordinari donne sono al 46%, la situazione cambia radicalmente quando si considerano negli uffici giudicanti gli incarichi direttivi e semidirettivi, tra i primi solo il 17% è donna, tra i secondi il 28%.

Negli uffici requirenti ancora peggio, la percentuale è dell’11% per incarichi semidirettivi e 11% per i direttivi.

Diversa invece la situazione nell’ambito dell’Anm dove sono state introdotte quote di genere ‘di risultato’ del 30% per le elezioni del comitato direttivo centrale, in forza delle quali le donne nel direttivo ora sono il 33% del totale, dopo le elezioni di febbraio 2012 e ben il 56% dei componenti della giunta esecutiva. Sono state poste quindi le premesse per aumentare le presenze anche nel Csm che ad oggi conta solo 2 donne a fronte di 24 membri elettivi.

Nessuna donna è invece presidente di un Tar, o presidente aggiunto o di sezione del Consiglio di Stato e alla Corte dei conti solo 7 donne su 63 posizioni apicali, in prevalenza nelle sezioni regionali e sono 3 su 22 le procuratrici regionali.

Insomma, la partenza sarà graduale e la strada per ristabilire un po’ di equità ancora lunga, ma con il regolamento un primo passo verso il riconoscimento di meriti e competenze femminili è stato fatto.


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