Tutti affermano che il lavoro deve essere la parola d’ordine per uscire dalla crisi, quando però si deve passare dalle parole ai fatti vengono addotte le giustificazioni più stravaganti per non impegnarsi con azioni concrete.
Il paradosso umiliante, per le persone di buon senso, è quando pur in presenza di aziende che hanno lavoro e ordini in portafoglio si debbano fermare per obbedire a qualche interesse o interpretazione legislativa che nulla ha a che fare con il lavoro.
È il caso della Riva acciai di Verona. Cinquecento persone rischiano infatti il posto di lavoro perché un magistrato ha deciso di bloccare i beni di tutto il gruppo RIVA, per le note vicende dell’acciaieria di Taranto. Questo peró non permette alla fonderia di Verona di proseguire con la produzione e con il lavoro. Pur non volendo entrare nel merito dell’inchiesta, una domanda sorge spontanea: perché non è possibile lavorare, pagare i fornitori, vendere il prodotto e contemporaneamente far si che l’inchiesta proceda per il suo corso ? Bloccando i conti correnti della Riva acciai si bloccano i pagamenti a cinquecento famiglie. Certo i proprietari della Riva mangeranno lo stesso ma le famiglie dei 500 dipendenti potrebbero avere seri problemi. Separiamo l’inchiesta giudiziaria dalla possibilità di produrre.
Viviamo in un’economia globale ed è a tutti noto che se si ferma la produzione, anche di qualche giorno, altri competitore sul mercato possono subentrare togliendo ogni futuro alla Riva di Verona.
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