Queste le parole d’ordine del Governo Monti nell’avviare il confronto con le parti sociali per una riforma che dovrebbe rendere meno vincolanti i rapporti di lavoro, meno protetti da ammortizzatori sociali e con maggior possibilità di reimpiego, portando come esempio il sistema danese. Ma bisogna ricordare che il cambiamento radicale di un sistema sedimentato necessita, prima di tutto, della condivisione delle parti sociali e il cambiamento, prima che normativo, deve essere soprattutto culturale. É vero che in Danimarca, come in altri paesi del nord Europa, perdere il lavoro non è un tragedia, come invece è in Italia, ma in Danimarca l’80 % delle persone licenziate viene ricollocato nei primi 6 mesi e il restante 20 % in un massimo di 8 mesi, frequentando, durante la disoccupazione, corsi professionalizzanti con indennità economica. Viceversa, in Italia, gli uffici di collocamento pubblici riescono a reinserire nel mondo del lavoro solo il 3% dei disoccupati, tutti gli altri si arrangiano attraverso conoscenze, agenzie interinali e l’ansia di rimanere disoccupati. Fin a qualche anno fa, con la piena occupazione, potevamo prenderci il lusso di non creare l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro, ma è ora indispensabile, sia per le imprese sia per i lavoratori, avere tutte le informazioni possibili per creare nuove opportunità.
In Italia un disoccupato è considerato un peso, nel nord Europa è un’opportunità da ricollocare. Pensare di modificare le norme del mercato del lavoro senza intervenire sulla borsa del lavoro e sullo scambio domanda-offerta porterà solo e inevitabilmente ulteriori disoccupati senza prospettive. L’università di Verona, giurisprudenza, ha avviato un ambizioso e quanto mai opportuno progetto, dal nome workfare territoriale, coinvolgendo tutti i soggetti presenti nella società veronese come le associazioni degli imprenditori, i sindacati, i comuni e la provincia per avviare un percorso che abbia come obiettivo lo scambio di tutte le informazioni necessarie per rimettere al lavoro i disoccupati e nel frattempo garantire loro quel minimo necessario per vivere.