Dopo tante discussioni, ritardi, incertezze l’atteso finanziamento festival lirico all’arena di Verona è arrivato. Da persone responsabili e previdenti, i veronesi, hanno capito che, se per quest’anno l’abbiamo scampata, per i prossimi anni si dovranno trovare delle soluzioni che permettano una maggiore tranquillità. La cultura è la base del vivere civile e democratico di un paese, ne rappresenta la memoria e ne indica il futuro. Nostra è la responsabilità di promuoverla e diffonderla alla future generazioni. Inoltre la stagione areniana rappresenta un importante indotto economico per la città scaligera. Bene, quindi, ha fatto il sindaco Tosi nell’individuare nella tassa di scopo una delle possibili soluzioni al problema. Una tassa che non potrà essere per tutti uguale ma dovrà tener conto delle ricadute economiche che la stagione lirica ha a vari livelli. Un esercizio economico del centro città non dovrà pagare di più, in termini percentuali di una famiglia abitante nella periferia veronese. Come per tutte le imprese in crisi sarà necessario quindi intervenire sugli sprechi ma soprattutto sulla razionalizzazione delle risorse a disposizione. Non è più il tempo di agire in solitudine, ma come fanno le imprese industriali, è necessario individuare delle soluzioni che permettano economie di scala e sinergie per superare il difficile momento.
Si potrebbe pensare, come ha proposto Giancarlo Montagnoli, già sulle pagine de l’Arena, ad una fusione con la fondazione del teatro la Fenice di Venezia? Le fusioni si basano su interessi e assoluta reciproca fiducia. E se gli interessi sono evidenti, la fiducia va costruita sulla base del presupposto irrinunciabile del lavorare assieme. Per questo credo che fin d’ora sia possibile individuare un soggetto in grado di associare le singole fondazioni per rispondere alle necessità economiche concordate. E’ pensabile una società consortile per i teatri del veneto per offrire servizi, consulenze, artisti e tutto ciò si ritiene possa essere utile. Il concetto di consorzio permette all’associato di aderire e utilizzare del tutto o solo in parte le opportunità che il consorzio offre.
Al posto del consorzio è possibile una società con quote di capite diverso da parte dei singoli soci. La legislazione è generosa nell’offrire opportunità giuridiche in questo senso e non è questo il problema. Devono essere le singole fondazioni ad intravvederne la necessità, prima che un ulteriore e prevedibile taglio blocchi le rappresentazioni teatrali. Abbiamo circa un anno di tempo davanti per risolvere il problema e credo che non sia sufficiente aspettare l’ultimo minuto nella speranza che qualche “santo provveda”. I tempi che abbiamo passato e quelli che abbiamo di fronte non ci consentono atteggiamenti attendisti.