Da tempo gli effetti della globalizzazione mostrano elementi positivi e altri di grande difficoltà per le imprese, anche per quelle veronesi. Da una parte vi è l’apertura di immensi mercati Esteri come Cina, India, Brasile, dove le nostre imprese, in competizione con altre, hanno la possibilità di collocare i loro prodotti. Assieme a questo si presenta anche l’opportunità, per vastissime aree del pianeta, di liberarsi dalla miseria e entrare in un sistema di benessere economico, con tutti gli aspetti positivi ma anche negativi che questo comporta. Infatti, le democrazie sono prerogative dei singoli stati nazionali ma il mercato globale si regolamenta con leggi proprie e con obiettivi esclusivamente finalizzati al profitto. Tant’è che nel rispetto del mercato globale e del guadagno agiscono stati democratici, dittature e ogni altro sistema istituzionale con un’unica regola: il profitto.
Ciò determina competizioni sfalsate da regole diverse o, peggio, assenti. Qualche settimana fa un’imprenditrice veronese del settore autotrasporti, mi ha fatto leggere una proposta arrivatale dalla Romania. Un’agenzia di intermediazione di manodopera le offriva la possibilità di utilizzare camionisti rumeni a 2.500 euro al mese. Al lavoratore sarebbero andati 2.000 euro, pari al salario percepito anche in Italia a parità di qualifica applicando il contratto collettivi nazionale. Quale sarebbe stata la convenienza, o la trappola? Un camionista assunto con contratto italiano costerebbe al datore di lavoro circa 4.000 euro, ma ne percepirebbe solo 2.000. Tutto ciò a causa dell’elevatissima pressione fiscale e contributiva italiana. Essendo però entrambi gli Stati all’interno dell’Ue esiste il libero mercato, anche della mano d’opera.
Qualcuno aveva detto: fatta l’Italia ora bisogna fare gli Italiani. Ora però fatta la globalizzazione bisognerebbe che ci fosse parità di regole, almeno quelle elementari.