Altre due croci sono apparse improvvise, portatrici di dolore, temute, ma non inaspettate, ad annunciare due nuovi infortuni mortali, nei luoghi di lavoro di questa nostra provincia veronese.
Una scia di sangue e tragedia che sembra non scalfire un’opinione pubblica locale che, con decisione quasi rabbiosa, invoca leggi speciali e atti di forza a tutela della loro sicurezza contro pericoli lontani, mentre accetta quasi supina, come fosse sacrificio inevitabile, che si possa morire di lavoro.
Lavoro diventa sinonimo di pericolo, spesso sottovalutato, legato ad interessi economici invadenti, pressanti, che offuscato gli occhi di chi dovrebbe vigilare e tutelare le vite di chi gli affida il proprio presente, il proprio futuro, il proprio destino.
Sono degli eroici suicidi, spesso artefici del proprio destino, le indagini e i resoconti giornalistici spesso parlano di tragiche fatalità, di disattenzioni, di fatti inspiegabili. Quello che rimane tragicamente reale sono le lacrime delle famiglie, gli occhi vuoti di mogli e figli che aspettano qualcuno che non tornerà mai.
Noi non vogliamo piegarci a questa normalità, abbiamo chiesto al Governo regionale che ha la responsabilità di gestire i servizi ispettivi delle ULSS, di giustificare la scarsità di risorse investite nella sicurezza sul lavoro, in particolare sulla esiguità del numero di ispettori impiegabili nella quotidiana verifica delle condizioni di sicurezza. Il rischio statistico di “subire una visita ispettiva” ogni 20 anni non ha la stessa efficacia mediatica di chiudere i porti ad una barca di invasori clandestini, per scoraggiare ulteriori partenze da Paesi lontani.
Gli imprenditori, in momenti così duri, si descrivono impegnati a diffondere la cultura della sicurezza intento apprezzabile, ma è processo lungo e non sempre valutabile sul versante dei risultati. Associazioni imprenditoriali che informano e formano gli imprenditori, Sindacati che formano e assistono i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza, devono trovare occasioni comuni di dialogo nei luoghi di lavoro, per superare quel concetto molto diffuso, che descrive spesso la Sicurezza solo come un costo, un di più che grava sulle aziende, che toglie loro risorse da investire sulla produttività, che a quest’ultima bisogna piegare ogni diritto; quante volte gli stessi lavoratori si trovano a condividere parole come: si “deve produrre” si può “chiudere un occhio sulla sicurezza”.
Le leggi ci sono, bisogna applicarle e farle rispettare. Servono azioni delle Parti Sociali, presenza dello Stato, per garantire sicurezza e legalità a chi offre quotidianamente il proprio lavoro, generico, qualificato o professionale, che merita pari opportunità di tutela, e mutuando una provocazione dialettica della politica, potremmo dire che l’unica “schedatura” sensata da fare in questo momento, è di quei “delinquenti“ di qualsiasi razza che speculano sulla precarietà del lavoro, e lucrano mettendo a rischio l’incolumità o la altrui vita.