Dal 2008 ad oggi sono andati bruciati 13 milioni di posti di lavoro per le donne. Sono questi i dati diffusi dall’Ilo, l’Organizzazione internazionale del lavoro, che ha presentato a Ginevra l’ultimo rapporto sulle Tendenze globali dell’occupazione femminile 2012. La sostanza è che la crisi ha aumentato le disuguaglianze tra uomini e donne sul fronte dell’occupazione.
Benché le donne contribuiscano “all’economia e alla produttività, esse continuano ad affrontare molti ostacoli che impediscono l’espressione del loro pieno potenziale economico.
Questo non solo inibisce le donne, ma costituisce un freno per la performance economica e la crescita”, ha affermato Michelle Bachelet, direttrice esecutivo di UN-Women.”Garantire pari opportunità alle donne e agli uomini non è solo la cosa giusta da fare. È anche la più intelligente da un punto di vista economico”.
Il Centro Studi di Confindustria ha infatti stimato che il Pil italiano potrebbe aumentare di circa il 16% se il tasso di occupazione femminile (47,4% nelsecondo trimestre del 2012) arrivasse ai livelli di quello maschile (66,7%).”Promuovere l’occupazione delle donne nell’economia” osserva il Csc “non è solo una questione di equità e di pari diritti ma anche una questione di efficienza, perché il basso impiego delle donne nel lavoro significa spreco di risorse e talenti”.
Nelle economie dove il tasso di occupazione femminile è più alto il Pil pro-capite è pure più elevato. La condizione delle donne nel mercato del lavoro in Italia “è sostanzialmente migliorata negli ultimi decenni, soprattutto al Nord, ma il divario con gli standard europei è ancora ampio”.
Un tema centrale è rappresentato dalle politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia, “indispensabili per elevare i livelli di attività femminile ai valori maschili e per consentire alle donne di raggiungere retribuzioni e prospettive di carriera adeguati alla loro formazione”.
Inoltre, le differenze uomo-donna nel mercato del lavoro si accentuano quando arrivano i figli: il tasso di occupazione delle donne tra i 25 e i 44 anni passa dal 73,1% per le coniugate senza figli al 52,5% per quelle con uno o più figli.
Per gli uomini non ci sono effetti significativi, essendo il tasso di occupazione per i coniugati senza figli pari al 90,9% e prossimo al 90,5% quello per i padri coniugati con uno o più figli. Inoltre, mentre tra le madri il 30% interrompe il lavoro per motivi familiari, la percentuale tra i padri è pari al 3%5. Insomma, dati alla mano, sono le donne a sostenere quasi interamente i costi della conciliazione tra famiglia e lavoro.