Succede sempre così, quando si esagera: arriva una reazione opposta e si torna al punto di partenza.
Solo alcuni anni fa i negozi rimanevano aperti solo le domeniche del mese di dicembre, sfruttando la maggiore disponibilità della gente data dalla dalla tredicesima. Poi in poco tempo si è passati ad aprire anche le domeniche di novembre e negli ultimi anni si è arrivati a tutti i giorni, anche il giorno di Natale. Una scelta scellerata e priva di ogni significato se non la celebrazione consumistica della domenica.
l’Italia è ben strana, da decenni tutti sottolineano l’importanza della famiglia, ma ogni considerazione frana nel momento in cui si devono prendere decisioni per permetterle di restare luogo di confronto, di dialogo e di amore.
Intanto le famiglie hanno avuto un calo dei consumi del (-2,2%) e le vendite al dettaglio sono diminuite dell’ 8,6% dal 2008 al 2012, con un saldo negativo tra imprese nate e morte di -85.000. Inoltre dai dati offerti dalla Regione Veneto relativi ad un monitoraggio sulla liberalizzazione dell’orario dei negozi , svolto insieme al Unioncamere Veneto emerge che il 70% degli operatori della distribuzione è convinto che i costi di apertura domenicale non verranno compensati con l’aumento delle vendite e solo il 3,5% dei consumatori intervistati dichiara di aver sempre fatto acquisiti la domenica.
Bene, quindi, ha fatto il vescovo di Verona a firmare per primo la petizione popolare per rivedere le normative che regolano le aperture dei negozi nei giorni di festa. Non è, ovviamente, solo un problema religioso è anche e soprattutto una questione sociale.
La popolazione ha bisogno di ritrovare quella dimensione umana, fatta di rapporti interpersonali, fondamentale per il vivere civile all’interno e all’esterno del nucleo familiare.