E’ tempo di sacrifici e di drastiche ristrutturazioni anche nel sistema delle istituzioni e delle pubbliche amministrazioni locali. Come sempre nel nostro Paese, il ridisegno nasce da tremende esigenze di finanza pubblica e non da una valutazione attenta delle migliori istituzioni per le nostre città e territori. Ebbene, non vi è analisi scientifica, strumento pianificatorio e valutazione pratica che non abbia da tempo riconosciuto che in Veneto non esiste una, ma almeno due realtà metropolitane: Venezia, che ora è oggetto dell’ ultimo provvedimento del governo in materia di revisione della spesa pubblica, con la cancellazione, coerente, della Provincia; ma anche Verona.
Verona come area metropolitana conclamata è un tema caro alla CISL, che le ha dedicato un impegnativo convegno programmatico il 30 marzo scorso, trovando il consenso alla proposta da parte degli allora candidati sindaci, delle parti sociali, dell’ Università, e dei principali enti economici come la camera di Commercio, la Fiera e l’ Interporto. I numeri da questo punto di vista sono chiari: Verona è la 14 area metropolitana in Italia per popolazione, l’ ottava per PIL, ma la prima o la seconda per PIL pro – capite.
La nostra proposta nasceva dalla consapevolezza ormai generalizzata che le dinamiche economiche e sociali, del lavoro e dello studio, dei consumi e della cultura o del tempo libero non si svolgono più dentro le maglie rigide dei confini amministrativi ma in aree vaste composte di città, distretti produttivi e turistici, attori del sapere e servizi di scala vasta.
Questa consapevolezza è ormai globale. Ovunque si è capito che città e territori competono tra di loro per attrattività di competenze, investimenti, turisti ed eventi; Verona è dentro questo grande gioco e non si può sottrarre dalla responsabilità di fare scelte di sistema che possono comportare dei benefici per sé, ma anche per un’ area che da Trento arriva a Modena e da Brescia lambisce Vicenza. E deve saper programmare con una visione di questo livello, pena la regressione in dispute localistiche, in navigazioni di piccolo cabotaggio e in occasioni perdute.
Oggi tutti i problemi che abbiamo di fronte hanno un rango metropolitano, dallo sviluppo fieristico alla programmazione logistica, dal dimensionamento delle multiutilities alla tormentata vicenda aeroportuale, dalle infrastrutture autostradali a quelle ferroviarie. Ma anche l’ Università si sta ripensando in questa forma. Il dimensionamento dei servizi è il larga parte sovra comunale, dai rifiuti al ciclo idrico, dalle reti energetiche alle comunicazioni.
Se tutto questo è vero, perché non avanziamo al Governo e alla Regione Veneto una proposta che anche Verona sia riconosciuta come realtà metropolitana, con i benefici in termini di governance che permettano alle nostre strutture decisionali di essere adeguate ai problemi che devono risolvere? Perché, oggi, l’Interporto di Verona deve temere la concorrenza di Isola della Scala solo perché le procedure di programmazione soggiacciono ancora a un malinteso primato della volontà locale?
Verona sta soffrendo meno la crisi di altre città e territori in virtù del patrimonio di infrastrutture e di capitale territoriale che le hanno permesso di interpretare alla grande la sua straordinaria posizione geografica e tradizione storica, all’ incrocio di due fondamentali corridoi europei e di un territorio dalla qualità e bellezza invidiati. Ma l’ esperienza ci sta mostrando quanto in fretta si erodono i capitali non oculatamente reinvestiti. Cerchiamo di non fare questo errore.