La situazione delle imprese veronesi nel contesto mondiale, come si collocano? Qual è la congiuntura internazionale presente sui mercati mondiali?
Se n’è discusso al convegno “Verona nel mondo – Report 2012” organizzato dalla Camera di Commercio in collaborazione con l’Università di Verona.
Verona, nonostante la crisi economica, si trova in una buona situazione.
Le esportazioni – commenta il dottor Riccardo Borghero, dirigente della Camera di Commercio di Verona – presentano un valore complessivo di 9 miliardi di euro posizionando la nostra città all’undicesimo posto nella graduatoria nazionale e al terzo in quella regionale.
A livello d’export veronese la voce bevande (costituita quasi completamente dal vino) diventa la prima della top ten delle esportazioni scaligere: superando nel 2011 i 731 milioni di euro.
Poi troviamo le calzature con un importo pari a 388 milioni di euro.
Il principale mercato di destinazione delle merci e dei prodotti scaligeri è la Germania, alla quale è destinato il 15.8% del valore complessivo delle nostre esportazioni.
A seguire la Francia con 899,40 milioni di euro e un aumento del 10% poi la Spagna e Regno Unito. Per gli Stati Uniti, quinto mercato di destinazione con un valore export pari a 390 milioni di euro, si conferma una ripresa delle esportazioni (+16.5%.)
Sul lato delle importazioni si evidenzia un aumento del 8.2%. La nostra provincia è quarta importatrice a livello nazionale dopo Roma, Milano e Torino.
La prima voce delle importazioni della nostra città sono i mezzi di trasporto e componentistica (5.3 miliardi di euro, + 5.2% rispetto al 2010) costituite per il 91% dagli autoveicoli.
Al secondo posto troviamo i prodotti alimentari le cui importazioni pari a 1,2 miliardi di euro hanno registrato una crescita rispetto all’anno precedente dell’9%.
Anche qui la Germania è il nostro primo partner. A Verona il 41.2% delle importazioni è costituito da prodotti tedeschi: autoveicoli prima di tutto.
Successivamente troviamo la Spagna che vede aumentare il flusso di prodotti verso Verona del 23% arrivando a un importo pari a 1,1 miliardi di euro. Seguono Francia, Cina e Belgio. In crescita anche l’import dai Paesi Bassi (+ 23.3%), dall’Ucraina (+40%), dall’Austria (+2,5%) e dalla Repubblica Ceca (+5.2%) mentre è in calo l’import dal Regno Unito.
Ormai si sono aperti nuovi mercati internazionali e ogni stima economica di qualsiasi istituto di ricerca ed investimento guarda con attenzione allo sviluppo di quattro grandi paesi: il Brasile, la Russia, la Cina e l’India (i paesi BRIC).
Il quadro dell’economia indiana risulta singolare: con un debito pubblico in crescita e un’inflazione media di circa il 7% il paese rischia di dover ricorrere all’aumento dei tassi di interesse che frenerebbero sia il tasso di crescita sia l’investimento privato.
La gestione macroeconomica della Russia resta invece più solida grazie ad un’efficace politica fiscale e con un avanzo primario del 5.6% del PIL.
Il Brasile con un debito pubblico decrescente è riuscito a continuare nella strada della stabilizzazione economica e a ridurre gradualmente i tassi di interesse. Nonostante questo il paese sudamericano risulta esposto a shock esterni, in particolare se la situazione internazionale dovesse portare un rapido aumento dei tassi di interesse.
Infine la Cina, per quanto riguarda il prodotto interno lordo ha superato sia la Francia sia la Gran Bretagna e la percentuale sul Pil degli investimenti arriva al 40%.
Poco chiara la situazione economica complessiva, permane incertezza sui dati reali riferiti alla bilancia dei pagamenti, alla posizione degli investimenti internazionali e ai conti nazionali.
Date mutate le condizioni internazionali dell’economia mondiale necessario interrogarsi sul ruolo della nostra struttura produttiva.
La situazione economica internazionale è in profondo cambiamento almeno dagli anni novanta, l’Italia è rimasta al palo (così la produzione scaligera): concentrata nei settori tradizionali, poca ricerca, poca innovazione soprattutto nel settore delle tecnologie.
Si rende, in definitiva, necessario comprendere che “piccolo è bello” è una visione superata dalla congiuntura internazionale e dalla necessità di lavorare sulla dimensione delle imprese.
E, per la prima volta, sembra emergere una capacità di fare squadra e fare sistema, che potrebbe diventare contagiosa per l’intero Nord Est, che, pur tra le difficoltà attuali, sembra avere ancora risorse intellettuali ed umane sufficienti per ripartire.