“La partecipazione dei lavoratori all’indirizzo delle aziende è una vera rivoluzione culturale poiché tutti devono sentirsi coinvolti nel processo produttivo. Questa battaglia non ha solo un senso etico ma ha anche lo scopo di rendere più equi i rapporti sociali e può rappresentare una risposta alle questioni del riavvio dello sviluppo economico nazionale”.
Così il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni sottoscrive a Palazzo Barbieri, insieme al sindaco Flavio Tosi e ai segretari provinciali di Cisl e Uil, Massimo Castellani e Lucia Perina, il protocollo d’intesa sulla democrazia economica nelle aziende pubbliche veronesi a partire da Amia.
Il leader cislino, abruzzese della provincia di Chieti, dopo il diploma all’istituto commerciale ha iniziato a lavorare come manovale in un cantiere edile della Val di Sangro, iscrivendosi dopo qualche mese, nel 1970, alla CISL. Il 27 aprile 2006 è succeduto a Savino Pezzotta come Segretario Nazionale, carica a cui è stato riconfermato il 24 maggio 2009.
L’accordo in questione è il primo di questo tipo in Italia riguarda l’Amia e prevede la partecipazione dei lavoratori alle linee di indirizzo e ai piani strategici dell’azienda per favorire un clima di maggiore collaborazione. Nelle prossime settimane, quindi, si insedierà un Consiglio di consultazione formato da rappresentanti del Comune, del Consiglio d’amministrazione dell’azienda e dei lavoratori che potrà formulare orientamenti e pareri, obbligatori ma non vincolanti per l’azienda, in materia di organizzazione del lavoro, formazione professionale, responsabilità sociale dell’impresa, promozione delle pari opportunità, sicurezza e forme di remunerazione collegate ai risultati d’impresa.
L’accordo nasce dall’idea lanciata dal segretario Bonanni durante un convegno tenutosi a Verona nel novembre scorso promosso dalla Cisl scaligera.
“Noi – prosegue Bonanni – abbiamo bisogno di una nuova fase di industrializzazione ma questa, oltre che da forme tradizionali di accumulazione di capitale, può derivare solo da un nuovo sforzo del lavoro motivabile attraverso la partecipazione. Come peraltro si è visto in Germania con la Volkswagen o a Detroit con la Chrysler”.
Nel suo libro “Il tempo della semina” il leader di Via Po spiega che nella società d’oggi bisogna bandire l’antagonismo in quanto è fine a se stesso ed è il frutto e la conseguenza della mancata partecipazione dei lavoratori, se invece vengono coinvolti fin dall’inizio nelle questioni di bilancio e di sviluppo dell’azienda, quest’ultima può trarne giovamento puntando ad una maggiore produttività e a servizi migliori. Urge “seminare oggi per mettere le basi di un rilancio non solo delle imprese ma anche del sistema, con fisco e amministrazione pubblica più equi e trasparenti, impegnare nuove risorse per ricerca e formazione”.
La semina deve andare controcorrente per riformare le basi della convivenza civile, dell’economia e del sociale ma i politici negano la realtà: il fatto che il mondo è cambiato, che siamo passati ad avere da un miliardo e trecento milioni a cinque miliardi di concorrenti.
Come si può non vedere questo? E anche la democrazia, se non cambiamo il nostro modo di vedere la realtà, può essere compromessa perché chi ha l’economia in mano detta anche le regole politiche.
Il segretario generale del sindacato che, sottolinea orgoglioso, “ha nel suo dna il pensiero fecondo della dottrina sociale della Chiesa”, non si stanca di ripetere il suo appello contro “contrapposizioni che producono solo qualunquismo e populismo, mentre oggi assistiamo a un tutti contro tutti. Il Paese è stanco di un governo litigioso e la situazione è ormai insostenibile, chi non se ne rende conto è davvero miope”.
E questa litigiosa politica deve prendere come orizzonte ideale l’Unione politica dell’Europa se vuole rilanciare il nostro paese. “Ha ragione il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano quando ci chiede di non guardare più agli anni ottanta perché serve un patto per l’equità sociale e lo sviluppo. Nel recente voto per il referendum sulla nuova costituzione europea, in Francia e in Olanda non sono stati pochi i settori sindacali che hanno votato per il No, risultato poi vincitore. Non è affatto scontato che correnti filo protezionistiche non si affermino nel seno di movimenti sindacali. Il sindacalismo riformista italiano va speso anche per cause generali non solo per battaglie di sussistenza e tra queste una delle più urgenti è un impegno per far crescere l’integrazione politica dell’Europa”.
di Emiliano Galati
Segretario Generale FeLSA CISL Veneto
Federazione Lavoratori Somministrati Autonomi Atipici