Sulla vicenda del referendum tra i lavoratori dello stabilimento Fiat di Mirafiori sono state scritte pagine e pagine di giornali, siti Web e trasmissioni televisive. Credo peró che molte persone si siano chieste il perché di tanta attenzione per un accordo che è nelle consuetudini delle relazioni sindacali. E’ ben noto che le organizzazioni sindacali, di fronte a un imprenditore che propone un investimento finalizzato a mantenere la produzione, concordino modifiche organizzative a fronte di benefici salariali.
Alle volte mi chiedo peró cosa pensi l’ uomo della strada di questi infiniti dibattiti. Quanto sono distanti i problemi dei lavoratori della Fiat dai problemi dei precari, dei lavoratori a progetto, dei soci lavoratori delle cooperative, dei disoccupati e di tutti quelli che, come organizzazioni sindacali, riusciamo ad avvicinare solo nei momenti in cui sono disperati e senza una prospettiva? L’accordo della Fiat potrà avere una ricaduta anche per loro? L’economia della provincia di Verona potrà essere positivamente interessata dall’accordo approvato dal referendum alla Fiat Mirafiori? Io credo di si, se sapremo coglierne le novità e le evoluzioni che già riusciamo intravedere in questi giorni.
Per prima cosa da Torino è partito un segnale chiaro al mondo industriale: i lavoratori Italiani sono persone affidabili con i quali si discute, si contratta e si chiudono accordi che abbiano come obiettivo il lavoro, la produttività e gli incrementi salariali. E’ al tramonto la politica del basso salario a fronte di livelli minimi di produzione. Inoltre, altro segnale riguarda le relazioni sindacali: chi firma il contratto, approvato dalla maggioranza dei lavoratori, ha diritto ad avere la rappresentanza in quell’azienda.
Forte segnale di democrazia. Troppo comodo non firmare gli accordi, beneficiarne, ostacolarne la realizzazione e avere anche il diritto di rappresentanza sindacale. Un’ ulteriore prospettiva sembra ora aver ritrovato importanza. Mi riferisco alla democrazia economica, alla partecipazione dei lavoratori a gli utili d’impresa, alla partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori nei comitati di indirizzo dell’impresa. In una parola alla corresponsabilità dei lavoratori alla vita dell’impresa con ricadute economiche per chi lavora. Come sempre accade le proposte e le leggi possono rimanere in un cassetto per anni se non trovano quel terreno fertile per poterle realizzare. Il terreno fertile è spesso costituito dalla consapevolezza delle parti di poterne trarre benefici comuni dall’applicazione.
Democrazia economica significa abbandonare atteggiamenti antagonisti utili solo a garantire la sopravivenza di chi li persegue ma inefficaci per arrivare a risultati concreti. Vuol dire un cambio di mentalità da parte dell’imprenditore e da parte del lavoratore. Vuol dire assumere, condividendone le responsabilità le sorti dell’impresa, consapevoli che se andrà bene ne beneficeremo entrambi e se andrà male ne perderemo tutti. Passaggi culturali di questa portata non possono essere realizzati esclusivamente per via normativa, necessitano di un lavoro costante di sensibilizzazione e formazione da parte delle associazioni di rappresentanza sia sindacali che d’impresa. Ben vengano quindi le aperture positive su questo tema da parte della Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia e di Sergio Marchionne. In termini positivi e di disponibilità al dialogo si era già espresso, in occasione del convegno Cisl del 10 dicembre a Verona, il Presidente degli industriali veronesi Andrea Bolla. Questi sono i veri segnali positivi, di vitalità, di voglia di cambiamento, di svolta, che hanno la capacità di renderci fiduciosi nelle nostre potenzialità per superare la crisi. Sono più importanti questi che i timidi indicatori economici della ripresa ai quali, alle volte disperatamente, ci aggrappiamo.
Massimo Castellani
Segretario Generale Cisl Verona